Cosa ordini per cena?

Vi sarete accorti anche voi che si può capire molto di qualcuno da come ordina al ristorante:

ci sono coloro che prendono sempre il solito, quelli che ragionano su cosa hanno mangiato il giorno prima e si regolano di conseguenza, quelli che devono sempre provare qualcosa di nuovo o insolito e gli eterni indecisi.

Anche in decisioni quotidiane, e relativamente insignificanti, come “cosa mangeremo per cena” o “prendo la camicia azzurra o celeste”, non tutti ci comportiamo allo stesso modo.

Alcune persone riescono a essere razionali, ad analizzare tutti i fattori e i criteri per una decisione ottimale. 

Altri si fanno prendere dalle emozioni, rimuginano, pensano a ogni minimo dettaglio che può andare storto, scelgono quindi la cosa più semplice, per poi fare tutto il contrario appena arriva il momento di agire. 

Qual è la competenza in gioco? 

La capacità di prendere decisioni, insomma il famoso decision making.

Tale termine è entrato ormai nel nostro vocabolario quotidiano, ma è bene chiarire che tutti noi esercitiamo il decision making, prendiamo decisioni ogni giorno, dalle più rilevanti alle più banali.

Cosa fa la differenza? Di solito il modo in cui prendiamo decisioni: quanto è efficace, efficiente e ottimizzato.

Anche per questo, tale soft skill, va sempre a braccetto con il problem solving: una presa decisionale ottimale viene raggiunta anche grazie a un’ottima analisi del contesto, delle risorse, degli obiettivi e delle possibilità di agire che abbiamo.

Ma non è solo una questione di razionalità, anche perché prevedere gli esiti e tenere in considerazione tutti le variabili in campo è meno semplice di quello che ci piace credere.

Il caso e il caos fanno parte della nostra vita e dell’esistenza umana, anche in ambito lavorativo. Quando i giocatori sono umani, non possiamo dare nulla per scontato.

Tutto ciò che possiamo fare è prendere una decisione, una che vada bene per noi, che tenga in considerazione ciò che è in nostro potere e sotto il nostro controllo.

Avere fede che tutto vada secondo i nostri calcoli, ogni giorno, è più irrazionale di quello che crediamo.

Dobbiamo quindi essere capaci di decidere, restando consapevoli che l’esito potrebbe essere diverso da quello che vorremmo, e, nonostante questo, dovremo farci carico delle conseguenze.

Decision making, la competenza del coraggio decisionale

Per questo, in Laborplay, la competenza di decision making si definisce come la tendenza a operare in modo risoluto anche nei contesti di ambiguità o in mancanza di informazioni definite, fuggendo dalle situazioni di impasse.

Ed è proprio così, perché non possiamo avere la sfera di cristallo con noi, ma non per questo possiamo fermarci e farci prendere dal panico.

Una delle motivazioni che bloccano in un loop continuo gli eterni indecisi al ristorante (e non solo) è proprio la paura di sbagliare, di perdere un’occasione migliore, di scoprire che mangeranno la stessa cosa il giorno dopo.

Bisogna avere una grande dose di coraggio per scegliere di agire anche in situazioni complesse, come ci spiega l’economista Drucker con “dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa”.

Ma è l’unico modo in cui possiamo percorrere i nostri sogni, fare la differenza, crescere e migliorare. Sicuramente decidere un’opzione, elimina alcune possibilità, ma te ne pone davanti altrettante.

In sostanza, di cosa si compone un decision making efficace?

  • Analisi del contesto e delle risorse disponibili
  • Consapevolezza degli obiettivi
  • Assunzione del rischio
  • Accettazione delle conseguenze
  • Risoluzione e una buona dose di coraggio.

Sul lavoro è una competenza che esercitiamo quotidianamente per ogni piccolo task che fa parte della nostra professione, ma è sicuramente un tema più sentito da chi ha un ruolo manageriale.

Questo perché le decisioni che vengono prese hanno conseguenze sulla vita e il lavoro degli altri, e questa estrema dose di responsabilità deve essere gestita al meglio sia a livello emotivo che produttivo.

Una modalità per gestire al meglio questo carico di responsabilità è condividerlo: delegare a persone competenti e fidate può essere un modo, ma anche rendere partecipi i collaboratori al processo di decision making risulta essere efficace.

Lo possiamo osservare anche nel nostro gioco BeTray, rivisitazione ludica del dilemma del prigioniero.

Due squadre dovranno cercare di ottenere il maggior punteggio possibile adottando diverse strategie di gioco. Si potrà collaborare con gli avversari per cercare situazioni win-win, rimanere scettici verso di loro oppure tradirli per primi. Le decisioni dei due gruppi saranno prese a porte chiuse: bisognerà proporre un’eventuale strategia di gioco, cercando di ipotizzare le reazioni dell’altra squadra.

Ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo: come reagireste a un eventuale tradimento?

Saprete scegliere in maniera obiettiva o vi farete trascinare dall’emotività? Sarete in grado di prendere decisioni assieme al vostro gruppo?

Queste e altre domande attendono risposte: potrete trovarle giocando con noi! Let’s play!

per scoprire il metodo Laborplay

Condividi questo articolo

Altri articoli

Pixel e Neuroni

This War of Mine

Benvenuti, carissimi e carissime, in questo nuovo episodio della rubrica “Pixel e Neuroni”, in collaborazione con Laborplay e BardellaPsicologia.

Game(HE)art

Videogiochi e perdita

Nei giochi, la perdita è tanto onnipresente quanto banale, scrive la game designer Sabine Harrer, e oggi vogliamo approfondire questo concetto.

Sei curioso di scoprire come possiamo "gamificare" la tua azienda?

IMG   min

Scopri il mondo dell'HR Gamification