Cosa ci resta delle nostre emozioni?

Benvenuti, carissimi e carissime, in questo secondo episodio della rubrica in collaborazione con LaborPlay e BardellaPsicologia dal titolo “Pixel e neuroni”.

Come abbiamo già detto in precedenza, per tutta la durata del nostro viaggio virtuale, andremo a scoprire insieme l’importanza dei videogiochi per l’apprendimento di abilità cardinali utili alla vita di tutti i giorni! Oggi faremo un percorso completamente nuovo, dove lo scopo finale sarà quello di affinare la nostra empatia.

Ma cos’é, precisamente, questa capacità mentale?

“L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri.E’ l’abilità di vedere il mondo come lo vedono gli altri, essere non giudicanti, comprendere i sentimenti altrui mantenendoli però distinti dai propri” (Morelli e Poli, 2020)

Perché è così importante? Perché in tutte le nostre interazioni, l’empatia risulta essere il vero punto di contatto tra noi e l’altro. Senza, non potremmo in alcun modo capire il prossimo e creare una connessione profonda. L’aspetto neurobiologico di questa skills, è dato dalla presenza di alcuni neuroni chiamati neuroni specchio.

Tali neuroni attraverso un processo di simulazione incarnata (Gallese, Migone & Eagle, 2006), permettono di attivare un processo che precede la comprensione propria dell’esperienza vissuta e simulandone l’emozione.

Scopri come possiamo valutare l’empatia:

Percepire un’azione – e comprenderne il significato – equivale a simularla internamente. Ciò consente all’osservatore di utilizzare le proprie risorse per penetrare il mondo dell’altro mediante un processo di modellizzazione che ha i connotati di un meccanismo non conscio, automatico e prelinguistico di simulazione motoria. […] Quando vedo qualcuno esprimere col proprio volto una data emozione e questa percezione mi induce a comprendere il significato emotivo di quell’espressione, non conseguo questa comprensione necessariamente o esclusivamente grazie a un argomento per analogia. L’emozione dell’altro è costituita dall’osservatore e compresa grazie a un meccanismo di simulazione che produce nell’osservatore uno stato corporeo condiviso con l’attore di quella espressione. È per l’appunto la condivisione dello stesso stato corporeo tra osservatore e osservato a consentire questa forma diretta di comprensione, che potremmo definire empatica” (Gallese, Migone & Eagle, 2006).

E’ indubbio, dunque, che sperimentare l’empatia è un processo simulato. Come tutto ciò che il nostro cervello può simulare, possiamo scegliere una nuova dimensione di apprendimento per il nostro task di oggi, ovvero un videogioco davvero unico, che saprà aiutarci nel potenziare ed affinare la nostra capacità empatica: What remains of Edith Finch.

Sviluppato da #annapurnainteractive nel 2017, #whatremainsofedithfinch è un walking simulator, ovvero un’opera che basa la sua interattiva su pochi e semplici comandi (come ad esempio il movimento o la raccolta di un oggetto tramite la pressione di un tasto) utili ad aiutare il giocatore ad immergersi nel mondo di gioco. Il fulcro dell’attività è esclusivamente quello di scoprire la storia raccontata dalla protagonista, Edith, che ci accompagna in un viaggio indietro nel tempo, per riscoprire il passato crudele e misterioso che avvolge la famiglia Finch.

L’opera non richiede al giocatore di imparare abilità, pattern specifici di gioco o particolari dimestichezze. No, gli sviluppatori hanno creato un gioco che si colloca a metà tra un libro game e un film. Le vicende sono narrate e vissute in prima persona dal giocatore, che, tramite gli occhi di Edith, sperimenta un forte senso di nostalgia e abbandono. La famiglia della ragazza, perita quasi tutta in circostanze misteriose, è il nodo centrale della vicenda e il focus principale del nostro interesse.

Educare all’empatia è un compito difficile, spesso ricorriamo ad esempi o situazioni immaginarie con lo scopo di instillare nello studente, mentee o paziente un barlume di comprensione. Quest’operazione si serve già del principio della simulazione, infatti l’idea di mettersi nei panni dell’altro è la chiave di volta per la buona riuscita di questo intervento.

Non tutti, però, hanno le stesse capacità immaginative, la stessa comprensione dell’altro e la voglia di immedesimarsi. L’uso del gioco, in questo caso, sopperisce alla necessità gravosa (per le nostre energie mentali) di immaginare e simulare, fornendoci di già un mondo accattivante, vivido, nel quale poterci immergere.

“What remains of Edith Finch” è un capolavoro educativo per molte ragioni:

  1. L’ambiente immersivo e fantastico con cui il mondo è dipinto, ogni luogo visitato è puro amore per l’arte.
  2. Il realismo con il quale la famiglia Finch è dipinta, il tema costante della morte si contrappone alla creatività, al lusso e alla spensieratezza della dimora esplorata.
  3. L’espediente narrativo è vero, concreto e funzionale. Non si può non empatizzare con almeno uno dei personaggi che si conosceranno durante l’avventura.
  4. Il gameplay è facile, gestibile da tutti e non richiede abilità di alcun tipo.

Molti altri punti potrebbero essere toccati, ma il nostro intento è quello di avvicinarvi al titolo, permettendovi di esplorare liberamente il mondo di gioco ed assaporarlo fino in fondo. Una nota di merito va ad uno dei temi trattati con maggiore frequenza, ovvero il tema del lutto.

Non è mai facile, né tantomeno piacevole, avvicinarsi al concetto del fine vita. I ragazzi e le ragazzi di Annapurna interactive ci sono riusciti, entrando in punta di piedi nel nostro cuore, sempre fragile davanti a tematiche estreme di questo tipo. L’idea che il giocatore possa entrare in contatto con una dimensione che non gli appartiene veramente, la possa assorbire, sperimentare grazie alla presenza di Edith è il motivo per il quale un titolo di questo tipo dovrebbe entrare a far parte del sistema educativo scolastico. Con una leggerezza che pare appesantirsi in silenzio, sperimentiamo emozioni che non ci appartengono ma le facciamo nostre.

Non c’è forse modo migliore di sperimentare l’empatia se non tramite la pratica vera e propria?

Eh si, perchè la famiglia Finch è una famiglia disgraziata, senza alcun tipo di pietà da parte della vita tiranna e noi, spettatori giocanti, non possiamo fare altro che assistere al tutto, inermi, cercando di consolare Edith, avvicinandoci a lei, facendole forze come se fosse una cara amica che il vento del destino ha fatto naufragare nell’oscuro mare dei sentimenti.

Ecco, dunque, che concludiamo questa nostra rubrica oggi, con quel sapore dolce e amaro in bocca, perché imparare è anche questo, capire e sapere che non sempre il mondo si dimostra clemente e la nostra unica possibilità è, alle volte reagire, altre saper lasciare andare con un grande sospiro.

Il futuro ci riserverà sorprese di ogni tipo, leggere e gestire le nostre emozioni e quelle altrui è il modo migliore per costruire un mondo che verrà degno d’essere vissuto.

Noi chiudiamo qui, oggi. Spero che possiate apprezzare il titolo nella sua interezza e vi lasciate abbandonare all’immersione più totale.

Ne varrà la pena!

Bibligografia:

  • Gallese, V., Migone, P., e Eagle, M. N. (2006). La simulazione incarnata: i neuroni specchio, le basi neurofisiologiche dell’intersoggettività e alcune implicazioni per la psicoanalisi. Psicoterapia e scienze umane.
  • https://www.stateofmind.it/empatia/
  • Hoffman, M.L. (2008). Empatia e sviluppo morale. Il Mulino

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