World of Warcraft e socialità 2.0

copertina pixel e neuroni episodio 6 laborplay laborblog

Benvenuti, carissimi e carissime, in questo sesto episodio della rubrica in collaborazione con Laborplay e BardellaPsicologia dal titolo “Pixel e neuroni”.

Come abbiamo già detto in precedenza, per tutta la durata del nostro viaggio virtuale andremo alla scoperta dell’importanza dei videogiochi per l’apprendimento di abilità cardinali utili alla vita di tutti i giorni. Per questo nuovo incontro è stato scelto un titolo che ha visto la luce nel lontano 2004 in America, e ha potuto raggiungere gli scaffali europei solo un anno dopo nel 2005: parliamo di World of Warcraft (WoW).  

Vi ricordate quando, un po’ di tempo fa, c’era la tendenza a definire i nerd dei “ragazzotti senza vita sociale”? Beh, preparatevi perché quanto segue potrebbe sconvolgere alcuni preconcetti: in uno studio abbastanza recente è emerso come, in parallelo, le amicizie virtuali siano accomunabili a quelle reali. Non soltanto in termini qualitativi ma anche quantitativi: sia per numero che per profondità, i compagni che si possono incontrare nei mondi fatti di “pixel e poligoni” risultano avere la stessa valenza positiva degli amici che si possono incontrare in “carne ed ossa”.

Oggi siamo qui per parlare di questo, della socialità 2.0 e di quanto questa sia importante per tutti coloro che vivono il gioco come un momento di aggregazione, amicizia e condivisione.

Se vi sembra assurdo o strano, vi invito a seguirmi in questa disamina e a scoprire insieme, perché non dobbiamo sottovalutare o stereotipizzare la socializzazione virtuale!

The making of WoW

Interamente sviluppato da Blizzard Entertainment, il gioco si presenta come un MMORPG (Multiplayer Massive Online Role-Playing Game – gioco di ruolo multigiocatore in rete di massa) ambientato in un mondo fantasy meraviglioso, dove due fazioni – Orda e Alleanza – si contendono parte dei territori conosciuti in un’eterna lotta per il dominio di Azeroth. La trama vanta una profonda complessità ed è impossibile non rimanere catturati dal sistema di gioco e dalla sua narrativa strutturale e ambientale.

L’aspetto che ci interessa maggiormente è il gameplay. Strutturato per essere giocato esclusivamente on-line, il titolo è fortemente condizionato dalle scelte del giocatore in termine di classe e razza: giocare un elfo oscuro oppure un non-morto o un umano determina una gamma di situazioni che cambiano completamente l’esperienza vissuta da ogni giocatore.

In primis, il luogo in cui ha inizio la propria storia: che sia nel mezzo di un deserto o in una cripta paludosa, dipende direttamente dalla razza scelta. La classe, invece, determina cosa il nostro avatar potrà fare o non fare durante le sessioni di gioco; va sottolineato che l’avventura principale è affrontabile da chiunque con qualunque tipo di protagonista. Che si giochi un mago umano capace di lanciare potenti incantesimi oppure un possente tauren guerriero, le zone esplorabili non risulteranno in alcun modo bloccate poiché l’unico prerequisito di accesso sarà sempre e solo il livello del personaggio.

La scelta della razza determina anche la fazione alla quale appartenere. Orchi, tauren, non-morti (ecc.) appartengono all’Orda; elfi, nani umani (ecc.) sono riuniti sotto il vessillo dell’Alleanza.

Orda e Alleanza si bilanciano perfettamente, di conseguenza il giocatore ha la libertà di decidere quale protagonista creare senza incorrere in alcuna penalità. Ciò che maggiormente verrà influenzato nel futuro è il ruolo che il nostro protagonista avrà in un gruppo con altri avventurieri. Come dicevamo all’inizio, WoW è un’esperienza socialmente inglobante che si fonda sulle relazioni tra giocatori: poter instaurare un rapporto di fiducia e di supporto con altri è indispensabile per vivere l’esperienza in-game nella sua totalità. 

per scoprire il metodo Laborplay

Choose your character!

Torniamo al ruolo ricoperto da ogni giocatore e alla sua importanza sociale. Ogni eroe ha poteri e abilità che lo contraddistinguono, ad esempio un guerriero può specializzarsi come tank, focalizzato nel subire e assorbire i danni nemici al posto dei compagni più fragili, o come DPS, focalizzato nell’infliggere gravi danni nel minor tempo possibile. Le variazioni sono molteplici e ogni classe ha quasi sempre più di una specializzazione, l’efficacia del gruppo è data dal modo in cui i diversi giocatori si coordinano allineando le loro abilità in favore del team e non del singolo.

Tutto questo è incentivato da alcune dinamiche che hanno contribuito a rendere il mondo di gioco uno dei migliori (se non il migliore) MMORPG di sempre:

  • La connessione online: una manovra rischiosa, nel 2005 internet era ancora ai suoi albori, imporre di essere connessi per poter giocare pareva folle. Eppure, l’idea di creare gruppi o addirittura gilde, con persone reali, sembrava un sogno titanico per qualsiasi amante dei giochi di ruolo dell’epoca, era come vivere una seconda vita proiettati direttamente in una storia fantasy dove, i protagonisti, sono il giocatore e i suoi amici;
  • Le Istanze: vennero inserite, nel mondo di gioco, alcune zone speciali che richiedevano un numero specifico di giocatori per poter essere portate a termine. La forza del team è ancora una volta al centro del bersaglio per Blizzard, nessuno può dire di aver giocato veramente il titolo senza aver provato almeno una volta un raid;
  • Zone e livelli: il mondo è diviso in micro-zone nelle quali ogni personaggio deve fermarsi per accumulare abbastanza esperienza prima di poter andare oltre. Che sia una foresta incantata, una palude o la giungla nera, ogni ambientazione ha un requisito di livello minimo: non rispettarlo equivale ad avventurarsi in meandri dove il nostro alter ego cadrà inevitabilmente sotto i colpi del nemico. Sostare ed esplorare le diverse aree proposte permette sia la socializzazione con altri giocatori del nostro stesso livello, che l’immersione in un mondo vivo e vibrante. La spinta a cooperare per ripulire velocemente una zona è tanta e nulla vieta a un amico di livello più alto di aiutare chi è di livello inferiore, sostenendolo negli scontri o nel risolvere pericolose missioni sparse per il mondo;
  • Ingroup-outgroup: far parte di una delle due fazioni è l’elemento chiave per creare una vera e propria divisione tra i giocatori, aumentando l’aderenza al loro gruppo d’appartenenza. Non è un’incitazione all’odio o al dispetto, al contrario, è una netta strategia per creare adrenalina negli scontri tra rivali e aumentare la credibilità di un mondo in perenne guerra. Un troll che si aggira nelle zone controllate dall’Alleanza dovrà far molta attenzione se non vorrà essere attaccato dai giocatori della fazione opposta e viceversa. Tutto contribuisce a rendere unica e veritiera questa esperienza ruolistica. 

NeverEnding story

La storia che ogni giocatore affronta quando sceglie di creare il suo avatar è, e sarà sempre, unica; ciò che ci interessa è comprendere come un videogioco, da sempre demonizzato come strumento di antisocialità diventi, al contrario, uno strumento di socializzazione importante.

Oggi, sono in aumento i casi di isolamento sociale a causa della paura del mondo esterno. In molti scelgono volontariamente di ritirarsi per evitare di essere sopraffatti o danneggiati dagli altri, lo stesso può valere per chi è molto introverso. Un titolo come WoW rappresenta una nuova possibilità per socializzare in maniera più sicura e protetta. Abbiamo già rimarcato quanto sia importante il role-play per aiutare anche i soggetti fragili a mettersi alla prova, quale setting migliore se non quello di un vero gioco di ruolo può vantare questa possibilità?

Ognuno ha la chance di rendersi unico e indispensabile agli occhi dell’altro, dimostrandosi valido non per il suo aspetto o la sua presenza, ma per le sue skill. Nulla è più efficace della percezione di competenza per migliorare l’autostima di un individuo e, in questo caso, per accedere alle parti finali del gioco.

WoW è una possibile alternativa anche per socializzare qualora non si riuscisse a inserirsi in un gruppo d’appartenenza soddisfacente. Nello specifico, vivere soli, all’estero o in un luogo distante da centri di aggregazione mina alla socialità individuale. Sono molti i giocatori che hanno descritto la terra virtuale di Azeroth come una landa dove hanno scoperto tesori inestimabili, ovvero delle vere amicizie che sono poi state trasportate nel mondo reale.

In uno studio del 2014 condotto da Nicolas Ducheneaut, è emerso come la percentuale di amicizie stabili e serie che un giocatore ha virtualmente corrisponde quasi in maniera equivalente a quelle presenti nel mondo reale. Questo ci fa comprendere che, come al solito, non è il medium il problema ma il modo con cui esso viene utilizzato. Spesso e volentieri chi si frequenta durante le partite lo fa anche fuori dal mondo di gioco e questa duplice realtà permette di sviluppare il rapporto sociale e amicale a un livello superiore. 

Vivere il mondo sociale in questo titolo equivale a esperire anche parte della sua storia. Dai raid agli oggetti leggendari fino alle città, tutta la narrazione viene commentata e condivisa tra i giocatori. Ecco perché, oltre all’organizzarsi per essere un gruppo funzionale in partita, tutti possono trovare uno spazio per esprimersi e confrontarsi. La dinamica delle gilde accentua ancora di più questi meccanismi: farne parte implica il sentirsi inserito in una dinamica sociale propria di WoW, ed è umanamente e personalmente parlando fantastico.

Quando si tratta di World of Warcraft, in molti puntano il dito, definendolo uno strumento di dissociazione dalla realtà. Se vogliamo avere un approccio critico in ambo i sensi possiamo affermare che il titolo vanta delle meccaniche che possono  risultare disfunzionali per il nostro adattamento alla vita reale, ma lo abbiamo detto prima: a fare la differenza è l’approccio utilizzato verso il medium. La nostra educazione verso le fasce più giovani o a rischio dovrebbe contemplare questa problematica, ma incentrandosi maggiormente sui benefici che ognuno di noi può trarre dal provare questa esperienza sociale 2.0.

Storie fantastiche ci attendono, rivali, nemici e terre inesplorate sono lì, a portata di mouse. Starà, come sempre, a noi capire dove termina il personaggio e inizia la persona.

Il gioco è disponibile gratuitamente fino al livello 20° ed è relativamente facile da installare anche su hardware non troppo recente.

 Ci vediamo ad Azeroth, eroi! 

Bibliografia:

  1. Ducheneaut, N., & Moore, R. J. (2004, April). Gaining more than experience points: Learning social behavior in multiplayer computer games. In Conference proceedings on human factors in computing systems (CHI2004): Extended Abstracts.
  2. Grazioli A., Mind-up, guida strategica per esporters e professionisti, 2021
  3. https://it.wikipedia.org/wiki/World_of_Warcraft
  4. https://www.huffingtonpost.it/entry/hikikomori-in-aumento-con-la-pandemia-molti-giovani-non-torneranno-a-scuola_it_60229572c5b6d78d4449ef4b/

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