Vuoi essere il mio Valentino (virtuale)?

Legami parasociali e gamification nelle aziende. Scopri di più in questo articolo.

Avete visto questa immagine su internet?

Nel 2022, un’azienda giapponese ha promosso l’utilizzo di questi badge (personalizzabili e modificabili) che i propri dipendenti potevano indossare per palesare agli altri il loro umore senza sentirsi in dovere di giustificarsi con chi non si sentivano a proprio agio nel farlo.

Oltre a essere uno spunto interessante per un game designer, questo potrebbe anche creare occasioni di condivisione reciproca riguardanti le proprie battaglie personali e allo stesso tempo garantire una premura e tutela nei confronti dell’altro.

Sicuramente il richiamo alla barra degli HEALTH POINT (HP) tipica della saga di Pokémon è evidente, come molti millennial (e non solo) potranno facilmente notare.

Ma sarà il clima di San Valentino o le richieste provenienti dalle aziende in questo inizio del 2024 a prospettare una serie di riflessioni partendo da queste suggestioni.

Come giochi il tuo ruolo?

Proprio come nel caso dell’azienda giapponese, il sistema a barre di progresso o a punti può essere usato non solo per denotare il nostro grado di salute a livello fisico, ma anche emotivo.

Portando come esempio il gioco di ruolo più iconico dello scorso anno, ossia Baldur’s Gate 3, il sistema a punti non è utilizzato solo per la valutazione delle ferite (cioè il numero di danni fisici di entità variabile che le unità in gioco hanno subito o possono sopportare) tipici del più classico videogame da cui trae ispirazione, ossia Dungeons & Dragons, ma è anche utilizzato per esplicitare il grado di confidenza tra i personaggi del proprio team.

In questo gioco, che ha vinto il rinomato premio di Game Of The Year 2023 a Larian Studios, è possibile acquisire e perdere punti nei confronti degli altri personaggi della saga andando a modificare la relazione e, di conseguenza, il tipo di reazione e interazione che si ha nei confronti del nostro personaggio.

Tali “punti” dipenderanno dalle nostre azioni e decisioni nel mondo di gioco ma anche dalle risposte che daremo ai vari personaggi interagendo con loro nei dialoghi, sia in momenti di gruppo che in situazioni più tête-à-tête

Non ci saranno modalità universalmente giuste o sbagliate di agire dato che ogni personaggio, in base alla sua storia e personalità, avrà preferenze e stili comunicativi più o meno complessi.

Impersonificando il nostro personaggio potremo quindi decidere di rapportarci con gli altri allo stesso modo (essere bruschi o amichevoli con tutti indistintamente), ma questo potrebbe portarci a non essere sempre visti di buon occhio.

Da qui l’importanza dell’intelligenza emotiva: riuscire a comprendere le emozioni dell’altro, come queste ci fanno sentire e come possiamo interfacciarci al meglio per mostrare supporto oppure per fare cambiare idea, magari mettendo in gioco la nostra capacità di persuasione (determinata dalle statistiche e dal lancio di un dado digitale, come tradizione di D&D).

Bisogna fare molta attenzione a queste dinamiche, altrimenti rischieremo che uno dei compagni abbandoni il gruppo, rendendo molti aspetti del gioco più complicati e precludendoci quest davvero interessanti. 
E anche solo fermandoci qui, si potrebbe fare una riflessione sulla necessità di sviluppare le proprie competenze relazionali per creare dei legami soddisfacenti e produttivi nei propri team.

Il ruolo dei legami (parasociali)

Verrebbe da pensare che la cura che molti dei giocatori hanno mostrato nei confronti dei personaggi del loro party, possa essere funzionale solo al raggiungimento dell’obiettivo comune.

In realtà, le cose sono molto più complesse di così: i personaggi sono talmente ben scritti da essere percepiti come umani, nonostante le loro fattezze non sempre in linea con ciò che comunemente definiamo tale. Il fatto di indispettire, ferire o divertire un personaggio non ha molto a che fare con il gameplay, piuttosto con quelle che la ricerca definisce “relazioni parasociali”.

Le relazioni parasociali (Horton & Wohl, 1956) sono quelle in cui una persona stabilisce una connessione unilaterale con un personaggio dei media, come un personaggio televisivo o dei videogiochi, uno streamer o un influencer, senza che il personaggio sia a conoscenza di chi stabilisce questa connessione

Quindi, questo elemento non è solamente tipico dei videogame o di altri prodotti mediatici, ma influenza parte della nostra vita sui social o nei confronti di persone reali.

È la ragione alla base dell’utilizzo dei personaggi famosi e degli influencer come sponsor di prodotti e servizi. Ed è strettamente legato al Core Drive 5 del framework Octalysis di Chou (2019), quello dell’Influenza sociale: potentissimo motore in grado di aumentare engagement e senso di appartenenza.

Nella gamification per le aziende

L’implementazione di relazioni parasociali come meccanica di gioco può avvenire in diversi modi. Alcune aziende hanno sfruttato questa dinamica in modo creativo per coinvolgere i loro dipendenti. Ecco alcuni esempi:

  1. Interazione tramite social media: alcuni giochi e aziende hanno personaggi fittizi o portavoce (per esempio una mascotte) che interagiscono direttamente con la community attraverso i social media. Questi personaggi possono rispondere ai commenti, condividere contenuti esclusivi o persino influenzare la storia del gioco in base ai feedback della community.
  1. Sviluppo dinamico dei personaggi: le aziende di giochi possono implementare un sistema in cui i personaggi virtuali crescono e si evolvono in risposta alle azioni degli utenti. Questo può includere cambiamenti nel comportamento, nelle relazioni interpersonali e nelle prospettive dei personaggi nel corso del tempo. In questo caso basta pensare al Tamagotchi!
  1. Riconoscimenti e gratifiche personalizzate: le aziende possono utilizzare sistemi di riconoscimento e gratifiche personalizzate per premiare i giocatori in base alle loro interazioni con i personaggi del gioco. Questo può includere premi speciali, contenuti esclusivi o riconoscimenti pubblici all’interno della community.

Utilizzare queste meccaniche di gioco potrebbe essere utile per rafforzare l’identità del brand, per parlare a specifici target e per fare percepire ai collaboratori di un’azienda la responsabilità diffusa rispetto a un possibile avatar condiviso.

Ma se l’obiettivo fosse di natura più interna? Si potrebbe pensare a una piattaforma, come quella che abbiamo creato noi di Laborplay e che si chiama Play4Impact, per creare degli avatar o delle “schede personaggio” per ognuno dei collaboratori, spingendo a intraprendere delle azioni come inviare domande ad hoc, ricevere premi o regali per creare un legame che oltrepassi le barriere del digitale e che mostri i suoi effetti nella quotidianità.

Bibliografia:

  • Donald Horton & R. Richard Wohl (1956) Mass Communication and Para-Social Interaction, Psychiatry, 19:3, 215-229, DOI: 10.1080/00332747.1956.11023049

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