Monster Hunter World: quando cooperare è crescere

Benvenuti, carissimi e carissime, in questo nuovo episodio della rubrica “Pixel e Neuroni”, in collaborazione con Laborplay e BardellaPsicologia.

Come abbiamo già detto in precedenza, per tutta la durata del nostro viaggio virtuale andremo alla scoperta dell’importanza dei videogiochi per l’apprendimento di abilità utili alla vita di tutti i giorni. Imparare giocando è davvero la cosa più bella del mondo e non smetteremo mai di dirlo.

Oggi abbiamo scelto, per la nostra avventura 2.0, di lanciarci nel selvaggio mondo popolato da creature mastodontiche e terribili, ovvero quello di Monster Hunter: World (MHW). Uscito sugli scaffali nel lontano 2018, MHW è un’opera di Capcom, celebre software house giapponese che, solo per citarne alcuni, ha sfornato capolavori del calibro di Resident evil, Devil may cry o Street fighter. La storia di questo videogioco ha una componente minuscola rispetto alle vere meccaniche che ci interessano maggiormente, quelle legate al teamplay e alla cooperazione, ma resta ugualmente godibile per i giocatori. L’idea è quella di impersonare un cacciatore di mostri affiliato alla quinta flotta della commissione di ricerca, che dovrà scoprire il mistero che si cela dietro ad alcuni strani eventi potenzialmente destabilizzanti per il mondo intero. La trama è un enorme pretesto per inserire meccaniche di gioco sempre più complesse, attraverso la presentazione di creature che devono essere sconfitte (cacciate) usando apposite armi o strumenti particolari. Nonostante le prime fasi siano abbastanza lente, in tipico stile giapponese, è impossibile non farsi assorbire da questo stupendo mondo abitato da creature bizzarre e magnifiche. Tutte le mappe che andremo a esplorare vantano una cura maniacale e una complessità degna di nota. Diciamolo da subito: MHW non è un titolo che si può giocare una volta ogni tanto, necessita di costanza e di un significativo investimento di tempo se lo si vuole veramente vivere a pieno e prenderne il meglio. Solo la trama principale, che funge appunto da scusa per introdurre nuovi mostri, richiede una sessantina di ore e il vero gioco si apre solo dopo la chiusura della storia principale.

La domanda è “ne vale la pena?”, la risposta potrebbe essere “se avete almeno un amico disposto ad accompagnarvi in questo viaggio (o se siete disposti a farvene di nuovi lungo la strada), allora assolutamente sì!”.                                                                                     

Abbiamo detto abbastanza, partiamo alla scoperta di cosa ci può insegnare il titolo di Capcom!

I ferri del mestiere: cosa e come ottenerli?

Dalle primissime fasi di gioco emerge un punto essenziale: il nostro avatar ha bisogno di strumenti idonei per portare a termine le sue missioni. Siccome questi compiti sono divisi in “Cacce” sarà indispensabile acquisire gli strumenti necessari per evitare di soccombere sotto i colpi delle mostruosità che popolano il pianeta. Un cacciatore deve scegliere che arma portare con sé, quali oggetti tenere nel suo inventario e quale armatura indossare. Vi sono mostri che sputano fuoco, altri che addormentano, altri ancora che hanno artigli capaci di infliggere ferite sanguinanti; in breve, capire che cosa utilizzare prima di ogni missione ha un ruolo cruciale in questa esperienza videoludica. Non mi soffermerò troppo sul tipo di equipaggiamento disponibile, basti pensare che ogni mostro ucciso o catturato garantisce dei materiali (estratti dalle sue parti del corpo, come pelle o denti) che vengono utilizzati per forgiare armi e armature. Esistono 14 tipi di armi diverse (martello, spada, arco ecc.) e per ogni tipologia di arma vi è un complesso sistema ad albero di evoluzioni e potenziamenti. Non perdiamoci troppo nei numeri, di armi ce ne sono a bizzeffe e per ottenere il potenziamento migliore bisogna spendere un sacco di tempo nel capire quali mostri cacciare e come farlo al meglio. Lo stesso vale per le armature; in totale sono 132, utili in base alla necessità specifica degli incontri. Ecco perché prepararsi e conoscere il nemico è un principio importantissimo in questa avventura; potremmo dire che, in parallelo, una soft skill migliorabile è quella del pensiero critico, oltre a quella del problem solving. Non sarà raro, infatti, discutere con i propri compagni sulla strategia migliore da implementare per cercare di abbattere alcuni bestioni piuttosto ostici; nonostante l’equipaggiamento, è mandatorio elaborare delle strategie sensate circa l’utilizzo di strumenti appositi. Mi viene da pensare alla prima caccia veramente difficile che feci insieme a degli amici: dovevamo sconfiggere un “Raging Brachydios”, una creatura terribile che rilascia una melma esplosiva capace di infliggere danni atroci anche con un equipaggiamento di alto livello. Per riuscirci abbiamo speso un gran numero di ore, elaborando strategie precise e puntuali, capendo quali oggetti portare con noi e così via. Una frustrazione infinita che si è risolta con un senso di rilascio finale fortissimo. Dopo ore di progettazione e tentativi, abbiamo finalmente trionfato, insieme. Nessuno di noi avrebbe mai avuto né la voglia né la pazienza di sconfiggere un mostro così complesso da solo. Essere consapevoli del mondo di gioco e della sua profondità è, come dicevamo prima, davvero molto importante e rappresenta una sfida interna alla sfida palese del gioco: la caccia.

L’unione è la forza

Se è vero che il ritmo di un team sportivo o lavorativo si giudica in base al suo giocatore più lento, lo stesso vale per una squadra di cacciatori. Essere al passo è una necessità, specie per il tipo di sfide che i player sono costretti ad affrontare durante le sessioni di gioco. Affrontare mostri di alto livello, o con determinate complessità, impone una battuta d’arresto che può minare i progressi dei giocatori. Infatti, il vero incoraggiamento dato dalla stessa avventura è quello di cercare di crescere e condividere l’esperienza. Questo lo si può vedere fin da subito, in quanto molte meccaniche sono pensate per il multiplayer. Un esempio è l’uso dei cannoni posizionati nelle diverse sessioni di gioco che richiedono, per essere usati con efficienza, la presenza di almeno due giocatori (es. uno carica e l’altro allinea la canna al bersaglio). Oppure, un cacciatore cerca di abbattere al suolo un mostro facendolo finire in una trappola strategicamente posizionata da un compagno, il che rende la caccia ancora più strategica e dipendente dalla cooperazione tra i cacciatori. Ogni sezione del gioco offre spunti molteplici per un team che vuole mettersi alla prova in momenti di grande tensione, lo spirito stesso dell’opera incarna pienamente il teamwork. Fin da subito siamo catapultati in mezzo ai nostri compagni (NPC) pronti a offrire il loro supporto, chi con informazioni chi con servizi. Ogni azione, sia essa fatta con amici o in solitario, avrà, da un punto di vista narrativo, una valenza sociale. E questo è un elemento da non trascurare. Il messaggio che il gioco ci trasmette chiaramente è proprio questo: l’unione fa la forza!

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The hunting party

Giungiamo alla conclusione di questo nostro breve viaggio evidenziando alcuni punti fondamentali: MHW è un’esperienza complessa, profonda e non adatta a tutti, ma altrettanto capace di essere formativa e inclusiva. Ogni giocatore, in base all’arma scelta, ricoprirà un ruolo preciso e determinante. Un esempio è dato da un team dove chi impugna un martello avrà maggiori chance di gettare a terra i mostri, chi invece utilizza armi affilate, come le kusarigama, otterrà successi maggiori nel colpire parti morbide come code o appendici, tagliandole e facendo ottenere a tutti materiali di creazione extra. Ecco perché la coordinazione e la preparazione sono alla base di questa esperienza videoludica, rendendola così importante.

C’è una nota da non sottovalutare quando parliamo di questo titolo: il concetto di fallimento. A ogni caccia non è possibile essere eliminati (perdere i sensi) più di un numero limitato di volte. Questa riserva di “vite” è condivisa tra tutti i giocatori, imponendo un approccio ponderato alle varie situazioni di scontro. Un buon team lo sa e così come ognuno può contribuire al successo, lo stesso si può dire del fallimento di squadra. Ho trovato questa meccanica davvero molto interessante poiché, specialmente nelle fasi più impegnative di gioco dove è comune venir messi ko, richiede che il team sia davvero coeso e disposto ad andare oltre al singolo fallimento. Se non si è disposti ad accettare questo aspetto, allora la stessa funzione di squadra viene meno e il nostro avatar sarà costretto ad andare in “pensione” molto presto, rispetto ad altri veterani. Il vero premio finale non è solo quello di abbattere una bestia enorme, ma è quello di condividerne le spoglie dopo ore di sacrifici e fatiche. Un po’ come un vero cacciatore primitivo, con la differenza che, in questo caso, nessuno si è fatto male. Tranne qualche pixel!

Cari amici e care amiche, per oggi ci fermiamo qui. Spero che la puntata vi sia piaciuta! Come sempre, alla prossima!

Bibliografia:

  • https://it.wikipedia.org/wiki/Fallout_(serie)
  • Marmocchi, P., Dall’Aglio, C., & Zannini, M. (2004). Educare le life skills: come promuovere le abilità psicosociali e affettive secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Edizioni Erickson.

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