Contrast e Jung: tra luci e ombre

Oggi per la rubrica Videogame Therapy di Lorenza Saettone, scopriamo Contrast e Jung, due videogame tra luci e ombre.

Contrast è un titolo giocabile su game pass, il motore è Unreal 

Engine 3 e la software house che lo ha sviluppato è Compulsion Games. È un videogame del 2013, tuttavia la grafica è talmente azzeccata che gli anni non si notano affatto. Anche la meccanica di gioco è semplice e stimolante. Per raggiungere punti in alto si devono creare forme adeguate di ombre, così che la protagonista, lei stessa immateriale come le ombre su cui si arrampica, possa entrarvi dentro, raggiungendo gli elementi necessari a proseguire nei capitoli. Ecco dunque il motivo del titolo, Contrast: indica il rapporto tra luce e ombra, una relazione che si trova sia nella storia del videogame sia nella spiegazione psicologica alla sua base. 

L’ambientazione è calata negli anni ‘20, i “ruggenti anni” a loro volta ricchi di contraddizioni, come lo sono le luci e le ombre del gioco. Da una parte il boom economico dall’altra la decadenza, da un lato la libertà dall’altra l’ipocrisia. La storia comincia dentro la camera di una bambina, Didi, messa a letto dalla madre la quale deve recarsi  in un locale della città dove si esibisce la notte. Nella stanza, 

immediatamente, si materializza una donna, frutto dell’immaginazione di questa ragazzina. Con Dawn la bimba può iniziare l’inseguimento della madre e del padre, al fine di scoprire i traffici e i segreti che sembrano nascondere, tra i bar fumosi, le orchestre di jazz e le bobine cinematografiche. Dawn, come anticipato, può balzare dentro e fuori dalle ombre, infatti per risolvere i puzzle si deve soprattutto giocare con i faretti e gli oggetti frapposti tra muro e luce, di modo da creare passaggi a prova di salto. La vicenda non è solo una storia familiare. Si uniscono tanti elementi tra cui la mafia, irrinunciabile se vogliamo ambientare una storia nell’America degli anni ‘20. 

L’ipotesto del gioco, l’alter-ego della bambina in questa capacità di balzare tra ombre e luci, rivela l’archetipo del Doppio, l’Ombra di junghiana memoria. Il concetto fa riferimento a quegli aspetti non coscienti della personalità di ciascuno, il perturbante che celiamo in noi e che non possiamo eliminare davvero, al contrario finisce per essere proiettato al di fuori di noi come se fosse un’ombra. Più lo appallottoliamo come un foglio scritto di nostro pugno per essere gettato e rimosso, più questo preme per emergere, assumendo la forma di un Ego che ci sembra altro, ma che altro non è. Un’ombra che percorre sogni e letteratura del mondo: un ritratto nel dipinto di Dorian Gray, un mostro che prende il sopravvento sul Dottor Jekyll, un’ombra che Peter continua a perdere e a fare scherzi. Sono tanti gli esempi per questo archetipo dell’inconscio collettivo, a cui va necessariamente aggiunto Contrast. 

Com’è chiaro l’Ombra esiste solo in presenza della luce, quindi il Doppio emerge solo dalla dialettica morale, dal momento in cui proponiamo i nostri giudizi valoriali, di bene e di male e setacciamo l’ideale da ciò che ci sconvolge. Ogni volta che un tratto della nostra personalità viene giudicato inaccettabile moralmente, diventa parte dell’ombra, la quale comincia a formarsi proprio tra i no sociali e l’ideale dell’Io, diviso ormai in una tesi-antitesi a tutti gli effetti hegeliana. 

L’alter ego di Didi si forma perché delega al personaggio immaginario le frustrazioni accumulate nel rapporto turbolento con i genitori e il compito di essere eroina. Non è solo Contrast a conservare riferimenti della psicologia junghiana. Dal 1989 Prince of Persia mette in scena una battaglia tra il protagonista e l’Ombra. Per vincere? Basta evitare la battaglia. Insomma, per vincere l’ombra occorre non vincerla, ma accettarla e effettuare un percorso di individualizzazione che va al di là del bene e del male. 

La serie Persona, ancora, è un chiaro riferimento a Jung già dal titolo. Lo psicologo sosteneva che “persona” fosse quella maschera disegnata da noi e dalle aspettative degli altri per definirsi nel rapporto con noi stessi e con la società, sulla ribalta. Il retroscena al contrario è ciò che l’ombra occupa. 

In effetti sul palco c’è sempre luce, al di là del sipario regna l’oscurità. Jung indicava come soluzione al dualismo, la presa di coscienza di quel Doppio, perché venga finalmente reintegrato in un sè ricucito dei poli in cui si era frazionato, tra cui anima e spirito, conscio e inconscio, bene e male, luce e ombra. Non più duale, assume ora la forma di un cerchio, tra mandala e Tao. L’errore di Persona, tuttavia, è aver dipinto l’Ombra come un polo solo negativo, al contrario essa contiene ciò che viene represso, compresi elementi che sarebbero in sé positivi, ma che risultano per diverse ragioni psicologiche e sociali inaccettabili al soggetto. 

Dawn significa alba, ed è infatti la vittoria sull’ombra: non è polo banalmente negativo, ma rappresenta la riscossione della bambina, la ribelle rispetto a diktat inaccettabili. Delega a lei l’esplorazione, l’archetipo dell’eroina, non potendolo fare in prima persona, per timore di scoprire segreti che magari preferirebbe dimenticare e per terrore di perdere la madre per eccesso di coraggio e per una disubbidienza. 

Insomma, Contrast, sebbene non abbia ricevuto un’accoglienza molto calorosa per via di un gameplay semplice e a tratti ripetitivo, io mi sento di consigliarlo, se non altro per la grafica e la trama. In verità perfino le dinamiche che, sì, sono semplici, ma a chi piace il genere sono sicura possano divertire. Tra l’altro è un bel modo per pensarsi, per immedesimarsi nell’ombra e nella fanciulla, perché l’inconscio che la letteratura rappresenta è sempre quell’inconscio collettivo che tutti condividiamo e che ci rende simili nel tempo. Ecco perché persistiamo nel leggere e apprezzare l’Iliade, l’Odissea, Dante: gli archetipi continuano a essere riproposti, senza plagi, in varie forme e modalità narrative, ricordandoci che “siamo sempre quelli della pietra e della fionda”. Infine Contrast è un bel modo per ripassare elementi del passato, degli anni 20, tra orchestre Jazz e una finta crescita economica, a un passo dal crollo della Borsa. 

Scopri come utilizziamo il gioco in Laborplay

di Lorenza Saettone, filosofa specializzata in Epistemologia e Cognitivismo, PhD Student in Robotics and Intelligent Machines for Healthcare and Wellness of Persons e redattrice del team Video Game Therapy®

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